PlasticOcene: l’antropizzazione del mare

di Elisabetta Milan con il supporto scientifico di WWF AMP Miramare (TS)


Introduzione

Il termine PlasticOcene identifica l’epoca che stiamo vivendo, in cui la plastica ha caratterizzato ogni ambiente naturale ed ogni attività umana: questa infatti è stata trovata nel sangue umano, nella placenta, nei deserti, nei ghiacci più remoti e nella Fossa delle Marianne, per farne solo alcuni esempi.

Interagendo con le installazioni ci rendiamo conto che la vera specie aliena non è tanto la medusa, ma la plastica, prodotta dall’uomo da neppure cento anni. 

L’invenzione della plastica è stata davvero da Premio Nobel! Questa è un materiale pressoché eterno e, se in origine questa doveva essere la sua funzione, ora è diventata un oggetto monouso. All’uomo è sfuggita di mano la situazione. Inoltre, non è stato nemmeno in grado di riconoscere l’anello mancante della catena: come riutilizzare e riciclare correttamente tutto questo materiale che ogni anno con i suoi 8.000.000 di tonnellate invade i nostri mari.

Non sappiamo quali saranno i risvolti di questa situazione nel futuro, eppure ci permettiamo di intaccare un ambiente ancora inesplorato (l’uomo conosce solo il 20% del mondo marino). Il percorso, che rientra pienamente nel Decennio per gli Oceani 2020/2030 indetto dall’Onu, si prefigge di portare attenzione sul ruolo fondamentale che il mare ha per la vita dell’uomo: si pensi, ad esempio, alla produzione del 50% dell’ossigeno per effetto del plancton e del verde di mare.L’uomo vive, senza accorgersene, immerso in una idrosfera in cui tutto è Oceano.

Il percorso

A supporto delle installazioni artistiche vi sono i pannelli informativi realizzati con il contributo scientifico dei biologi di WWF AMP Miramare.

Gli argomenti trattati dal percorso sono: la nascita e la differenziazione della plastica, con particolare riferimento alla micro e alla nano plastica; la corretta raccolta, il riuso ed il riciclo della stessa (3R); la formazione delle isole di plastica e della plastisfera; la tropicalizzazione in particolare del Mare Mediterraneo causata dai cambiamenti climatici, dall’innalzamento di temperatura, dalla sovra pesca, dall’inquinamento e dall’arrivo di specie aliene.

La mostra itinerante nasce inizialmente caratterizzata da 4 grandi installazioni: 

  • La canoa lignea: appoggiata su 100 bottiglioni, ci parla di una doverosa apertura verso una visione ecosostenibile e del problema delle macro-plastiche che stanno invadendo i paesi in via di sviluppo.
  • La famiglia di meduse aliene: simbolo del mare gelatinoso e delle specie aliene, ogni medusa rappresenta l’ingombro di plastica prodotto da una famiglia di 4, 3, 2, ed 1 persona in un mese.
  • PlasticOcene: la grande matassa composta da fili di polipropilene azzurro in cui trovano posto numerose specie aliene di plastica raccolte sulle spiagge. Questa ci fa capire che l’80% di rifiuti ritrovati su mari e coste ha origine terrestre e che davvero il mare inizia dalle nostre abitudini quotidiane.
  • Il Nautilus: una sorta di fossile del futuro (ricorda un’ammonite) creato con una colata di creta in cui sono impresse le tracce di plastiche quotidiane, dalla vita molto breve. Il mare potrebbe e vorrebbe ripulire e rigenerare tutto questo: ma l’uomo deve diventarne consapevole e capire che la natura chiede poco per rigenerarsi. Siamo noi che la soffochiamo.

Nel corso del tempo altre installazioni e pannelli hanno arricchito il percorso che in parte si è fuso con il percorso “Il mare inizia in città”. Da qui infatti provengono:

  • Mangiamo ciò che laviamo: la nuova lavandaia, ovvero la lavatrice rossa da cui fuoriesce un polpo realizzato con una rete fantasma risalente agli anni 70, simboleggia tutte le microplastiche che si riversano in mare dopo i lavaggi di tessuti sintetici. Queste poi entrano nella catena alimentare dei pesci e dell’uomo.
  • Non è solo acqua: gli ingrandimenti di gocce d’acqua visti al microscopio rendono visibile ciò che è invisibile ad occhio nudo: il magico mondo del plancton, responsabile del 50% dell’ossigeno che respiriamo. Ricordiamo che l’acqua è un liquido amniotico primordiale da cui tutto ha avuto origine.
  • “Obiettivo 14”: il totem ligneo blu e rosso che prende il nome dall’Obiettivo 14 dell’agenda 2020/2030 dell’ONU, in cui l’orologio Cifra 3 della Solari è fermo all’anno 2030, deadline importante per la concretizzazione degli obiettivi prefissati.
  • La grande pesca: la canoa è animata da un occhio di matrice mediterranea che risale agli antichi Egizi. Questo conferisce un’anima all’imbarcazione e un valore apotropaico dalla simbologia ancestrale. Purtroppo oggi la canoa vede troppa plastica e poco pesce in mare.

Serie dei dipinti ispirati al magico mondo dei giardini di mare: ovvero alle barriere coralline, che accolgono il 25% della biodiversità marina e che oggi purtroppo sono considerate specie a rischio di estinzione a causa dell’acidificazione dei mari.

Il messaggio

Un messaggio primario è il seguente: “Il mare inizia dalle nostre abitudini quotidiane, in città, in campagna, nel fuori città, non inizia solamente dalle coste e dalle spiagge”.

Da qui nasce l’idea di collocare simbolicamente delle targhe con la scritta “Non gettare nulla, il mare inizia QUI” sui tombini principali della città ad indicare che tutto ciò che viene gettato erroneamente o volontariamente in questi ultimi finisce in mare ed entra nella catena alimentare dei pesci e dell’uomo (es. mozziconi, plastiche ecc.).

Dobbiamo avere ben presente che tutto ciò che immettiamo nell’ambiente ci ritorna indietro con effetto boomerang: l’80% della plastica marina ha origine terrestre.

Al termine del percorso i visitatori prendono coscienza del problema, diventandone consapevoli e assumendosi il ruolo di ambasciatori del mare: “ogni singola persona rappresenta una goccia d’acqua, ma tutti assieme possono formare un oceano”.

A conclusione della visita viene lasciato un vademecum in carta riciclata con 12 suggerimenti da poter concretizzare nelle proprie abitudini quotidiane già dall’uscita della mostra.

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